Dal 13 al 16 giugno 2022 si è tenuta a Bologna la training school Moving Goods for Charity Across the Mediterranean (15th-19th centuries), organizzata dal Centro di Studi sui Monti di Pietà e sul Credito Solidaristico con il sostegno della Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna nell’ambito della Cost Action CA18140 People in Motion: Entangled Histories of Displacement across the Mediterranean (PIMo).
All’incontro ha partecipato un gruppo internazionale e interdisciplinare di studiosi e giovani ricercatori, i cui video di presentazione sono disponibili sul canale YouTube PIMo COST Action. Lo scopo della training school era quello di analizzare i molteplici legami tra economia e carità nell’area mediterranea dal XV al XIX secolo e di indagare non solo le istituzioni create nelle società cristiana, ebraica e islamica a sostegno delle persone bisognose, ma anche le azioni concrete messi in pratica e gli oggetti messi in movimento in questo ambito.
L'intenso programma dei quattro giorni (consultabile qui) ha costruito un prezioso spazio di confronto e di discussione, da cui sono nati diversi spunti di riflessione e nuove domande che permetteranno di approfondire gli studi su questo tema, non solo in una prospettiva storica, ma anche con un approccio rivolto al presente.
1. La training school ha evidenziato da diversi punti di vista l'importanza di conoscere e confrontare ciò che è stato tentato e realizzato nel campo delle concrete iniziative di carità e solidarietà in diversi periodi storici e in diversi ambiti culturali/religiosi.
2. È emersa la vicinanza, ma anche la differenza, tra carità e solidarietà, con quest’ultimo concetto che tende ad avere un valore politico più esplicito. In diversi casi, la storia tardo-medievale e moderna evidenzia la rilevanza degli interventi caritatevoli, che a volte implicarono l'assunzione di rischi considerevoli; l’analisi storica sottolinea tuttavia anche la differenza della logica interna di queste iniziative rispetto al riconoscimento del diritto delle persone a buone condizioni di vita.
3. Si è riscontrata l'importanza delle strutture/istituzioni e dei quadri giuridici (per esempio, quello fornito dal waqf) per affrontare la carità con interventi diversi, che vanno dall’educazione all'alimentazione. In molti dei casi analizzati emerge una dinamica che porta alla formazione di istituzioni con un profilo (anche) finanziario. Questa trasformazione è qualcosa di costante o addirittura inevitabile?
4. I programmi di assistenza spesso – implicitamente o esplicitamente – erano intesi anche come iniziative (politiche) per portare o a mantenere l'ordine nella città/società, se non a imporre (violentemente) un ordine sociale. La carità poteva essere strumentale al controllo, fino a casi estremi come quando la logica e il linguaggio elaborati per “aiutare” i poveri (cioè per mantenerli in una condizione di minorità, senza riconoscere loro una reale agency, forzandoli al lavorare) vennero successivamente utilizzati anche per giustificare e teorizzare la schiavitù.
5. In molti casi, i poveri in teoria assistiti dalle istituzioni caritatevoli erano chiaramente funzionali a processi di produzione e di accumulazione del capitale. Uomini e donne erano mantenuti a un livello di sopravvivenza e a disposizione per essere sfruttati per i lavori più duri - a volte, senza alcun pagamento reale o con un pagamento simbolico (per esempio, la dote guadagnata dalle putte del conservatorio). Il quadro concettuale e il linguaggio della carità hanno spesso favorito questo tipo di progetti, ma il modo in cui è stato concretamente attuato rimane da esplorare nei casi specifici, così come restano da indagare i processi attraverso i quali i poveri sono stati presentati prima come un’opportunità spirituale e poi come un’opportunità finanziaria (cioè persone da sfruttare).
6. Il ruolo chiave giocato dalla comunicazione e dalle emozioni in queste storie è centrale. Lo si vede bene nel caso specifico dei Monti di Pietà: i predicatori (e i loro sermoni a volte scenografici) furono decisivi per ottenere ciò che a volte era già stato progettato e tentato dai governi cittadini, che però avevano bisogno di qualcuno capace di mobilitare ampi strati della società – una mobilitazione che doveva essere concreta (oggetti e denaro) e che poteva implicare anche l’esclusione di progetti concorrenti o l'espulsione di alcuni membri della stessa società (emblematico il caso degli ebrei).
7. Rimangono differenze fondamentali tra gli interventi pubblici e quelli privati. Entrambi i tipi di intervento erano necessari – e anzi, tendevano a intrecciarsi nei casi più importante. È quindi possibile parlare di una superiorità del pubblico, in termini di scala di intervento? Eppure, il largo coinvolgimento dei privati in iniziative caritatevoli e/o in donazioni è una costante in diverse società del Mediterraneo (anche in questo caso, il waqf come quadro giuridico è un promettente punto di confronto). C'è inoltre stata un’interazione, ma anche differenze significative, tra le iniziative dall'alto (spesso parte attiva di progetti di ingegneria sociale) e le esperienze caritatevoli/solidaristiche nate dal basso, anche come forme di muta assistenza.
8. Una tendenza visibile nella “modernizzazione” dagli interventi caritativo è l’affermarsi dell’idea della necessità che gli interventi siano mirati a esigenze specifiche: dare la dote alle ragazze, inventare tipi specifici di Monti (i Monti frumentari o quelli per specifiche categorie come quelli per i lavoratori della seta) – una specializzazione che spesso seguiva categorie di genere, età e classe sociale.
9. Gli oggetti sono centrali nella storia della solidarietà e forniscono un concreto punto di accesso nella vita sia delle istituzioni sia delle persone coinvolte in queste vicende, come emerge dai ricami delle putte ai pegni, dagli oggetti inquadrati in un waqf ai vestiti o ai libri donati al Monte. Il fagotto – o oggi il sacchetto di plastica – può essere visto come un potente simbolo tanto degli oggetti in movimento quanto delle persone in movimento.
10. Molte delle vicende considerate si intrecciano con i diversi significati e funzioni del dono. I donatori hanno un ruolo centrale ma anche ambiguo, in particolare quando sono ricchi e potenti. Tra i donatori, tuttavia, vi erano anche persone provenienti dagli strati più bassi della società, come è visibile nella fondazione di alcuni Monti o nei waqf.
11. Il cibo era elemento e simbolo di sopravvivenza, ma anche occasione per mettere in contatto le persone (per esempio le mense dei poveri/popolari, non solo in passato). Tuttavia, il cibo poteva essere anche uno strumento di omologazione, persino di oppressione: nelle case dei catecumeni si offriva carne di maiale agli ebrei, mentre più brutalmente a Livorno alcuni schiavi ebrei vennero umiliati passando sui loro volti la carne di maiale.