LA SEDE DEL MONTE DI PIETÀ DI RAVENNA
ricerca storico-archivistica di Armando Antonelli
1. Cenni riguardanti il palazzo della sede del Monte di Pietà di Ravenna
In origine la sede del Monte della Pietà era situato nel piano terreno di una casa costruita su due livelli, sul secondo dei quali abitavano i proprietari dell’edificio. Tali locali risultarono sufficienti a svolgere la funzione di custodia dei pegni e di accoglienza del pubblico del Monte di Pietà.
Alla morte del proprietario l’immobile pervenne in eredità del Monte di Pietà, con la clausola dell’usufrutto per la moglie fintantoché essa avesse avuto vita. Con l’avvenuto decesso di Agnesia Aldrovandini, il piano superiore dell’edificio fu impegnato dal massaro del Monte di Pietà.
Nel frattempo Agnesia Aldrovandini aveva assicurato all’istituzione caritatevole ravennate con un lascito testamentario nell’anno 1501 che garantiva piena autonomia al Monte di Pietà, con la clausola che tale edificio non dovesse in alcun modo cambiare ragione d’uso.
Certo è che tale primitivo insediamento fu necessariamente modificato nel corso del tempo per meglio rispondere all’esigenze dell’istituzione caritatevole cittadina. Tappe principali di tale processo istituzionale e di modificazione edilizia sono da rintracciare tra il sesto e il settimo decennio del XVI secolo, quando si diede vita a intensi lavori di ristrutturazione e ampliamento dei locali donati con l’acquisto di immobili adiacenti rivolti verso la piazza Maggiore, confinanti con l’odierna chiesa del Suffragio, cui seguì nel 1668 un nuovo lascito da parte di Vincenza Martelli, che dotò l’istituzione dei beni confinanti con la chiesa del Buon Gesù.
A fine Seicento risulta che la nuova e ben più ampia sede del Monte di Pietà di Ravenna fosse il risultato di un triplice intervento:
Nel 1788 tali acquisizioni immobiliari ebbero un intervento architettonico che intese unificarle in un unico edificio. Tale intervento fu sostanziale e non tese a sistemare l’esistente, bensì procedette all’abbattimento di numerose parti murarie preesistenti con lo scopo di edificare una facciata omogenea più adeguata alle nuove esigenze dell’istituzione, a partire dalle fondamenta, così come previsto dai Capitoli che si deuano oseruare per fare la noua Fabricha per il Santo Monte.
Nuovi e intensi interventi architettonici sono dovuti ai lavori di restauro e ampliamento effettuati nel corso del XX secolo tra il 1906 e il 1957, che modificarono ulteriormente la struttura settecentesca.
2. Lineamenti di storia istituzionale
Momento essenziale per la storia del Monte di Pietà di Ravenna, come del resto di numerose altre istituzioni religiose e laiche italiane, è rappresentato dall’avvento napoleonico nella Penisola tra 1796 e 1797. A partire dal 10 febbraio 1808 in ottemperanza di un regio decreto del 31 settembre del 1807 l’istituto caritatevole ravennate fu amministrato, insieme ad altri istituti assistenziali, come gli ospedali, gli orfanotrofi e ospizi. La vigilanza sull’operato della nuova istituzione amministrativa era affidato alla sede arcivescovile e al comune di Ravenna.
Altro passaggio istituzionale di rilievo è quello del 1913 quando l’istituto, mutando nome in Monte Pegni, tese ad un cambiamento degli impegni in senso bancario, con lo svolgimento di prestiti in conto corrente, titoli di stato, cartelle fondiarie, sovvenzione su merci e fedi di deposito. Nel 1937 in seguito alla soppressione della Congregazione di Carità la giurisdizione dell’istituzione ravennate passò nelle mani dell’Ente comunale di assistenza (ECA).
Nel 1939 fu concesso all’istituto di esercitare funzioni, competenze ed incarichi bancari, in seguito alla nomina di un Consiglio di amministrazione.
Nel 1956 l’istituto si fuse con il Monte di credito su pegno di Bagnacavallo, determinando una variazione della ragione sociale di ente pubblico (1905-1956) per potersi fondere poi con la Banca del Monte di Bologna.
3. Bibliografia di riferimento
MASSIMO FORNASARI, PAOLA MITA, MARCO POLI, I cinquecento anni del Monte di Ravenna (1492-1992), Bologna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, 1992.
LUCIA MASOTTI, Una sede «comoda per tutto il popolo»: localizzazione e sviluppo del Monte di Ravenna, in Sacri recinti del credito. Sedi e storia dei Monti di pietà in Emilia-Romagna, a cura di MAURO CARBONI, MARIA GIUSEPPINA MUZZARELLI, VERA ZAMAGNI, Venezia, Marsilio, 2005, pp. 221-37.
4. L’Archivio Storico del Monte di Pietà di Ravenna
Il fondo documentario è oggi conservato in armadi lignei ed p conservato presso la sede della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, nella sede dell’istituzione, in via Donzelle 2, a Bologna.
La documentazione archivistica copre un ampio arco cronologico, compreso tra il 1296 ed il 1939, conservando documenti più antichi rispetto alla fondazione del Monte di Pietà di Ravenna confluiti nell’archivio storico in seguito a donazione private.
5. La serie archivistica
Il testamento del 1501 è conservato all’interno di una serie denominata «Protocolli», costituita di 15 volumi, contenenti documenti redatti tra il 1296 ed il 1807.
La serie fu formata nel 1784 con la finalità di contenere in ordine cronologico gli atti che conservano memoria delle eredità pervenute al Monte di Pietà di Ravenna.
6. Il documento
Non si conserva l’originale bensì un estratto ricavato nel 1784 da un notaio al servizio del Monte di Pietà di Ravenna. La particola del testamento è trascritta in copia non conforme in un registro, preceduto da un rubrica alfabetica. Il documento apre una serie di altri atti analoghi per natura giuridica: si tratta di trascrizioni parziali di donazioni, lasciti testamentari e codicilli redatti da persone diverse tra il 1501 ed il 1693. Il registro che contiene questi atti è rivestito da due coperte pergamenacee di colore chiaro con lacci di pelle ormai laceri, aventi la funzione di serbare chiuso il registro. Nella parte superiore del dorso è stato vergato ad inchiostro nero il titolo del registro: «A | n° J | Testamenti | Codicilli | Istrumenti || ». Il libro amministrativo è costituito di 70 fogli cartacei delle dimensioni di mm. 280x190, che presentano al centro una filigrana a forma di cerchio sormontata da una stella a sei punte e all’interno un disegno, attribuibile al XVIII secolo. I primi 15 fogli del registro non presentano cartulazione originale (nostra numerazione da I a XV), mentre gli ultimi 55 esibiscono una cartulazione originale in numeri arabi, posta nel margine superiore di destra del recto di ciascuna carta. La prima carta del registro funge da foglio di guardia, mentre al centro della carta IIr è posto il titolo del registro: « Ristretto di diversi Testamenti | Codicilli, Donazioni, e | Instrumenti || ». Bianche risultano le cc. Ir-v e IIv e XIIv – XVv. Da c. IIIr ha principio la rubrica alfabetica, organizzata per cognome del benefattore a partire dalla lettera A e preceduta dal titolo: « Indice de Testamenti, Codicilli | e Instrumenti || ».
La distribuzione dei cognomi dei benefattori nelle carte del registro ha l’ordine seguente:
c. IIIr | A | c. VIIIr | N |
c. IIIv | B | c. VIIIv | O |
c. Ivr | C | c. IXr | P |
c. Ivv | D | c. IXv | Q |
c. Vr | E | c. Xr | R |
c. Vv | F | c. Xv | S |
c. Vir | G | c. XIr | T |
c. Viv | I | c. XIv | U |
c. VIIr | L | c. XIIr | V |
c. VIIv | M | c. VIIIr | Z |
La trascrizione del documento in questione è vergata su due fogli cartacei, sul primo del quale si trova il titolo del registro: « In Dei Nomine Amen Anno Domini | 1784 | Ristretto di varie particole di Testamenti | Codicilli, Donazioni, e Istrumenti, nel quale si roleva non meno il nome delle | relative Persone, che hanno lasciate | Eredità, e fatti Legati al Santo Monte | di Pietà di Ravenna, che li rispettivi | Capitali || ».
Ecco la trascrizione diplomatica del documento (le abbreviazioni sono sciolte tra parentesi tonde) affiancato dalla data in numeri arabi e sottolineata 1501 e dal regesto dell’atto in italiano: « Particola del Testamento della | fu Sig(nora) Agnesina Aldrovandini | rogato li 16 Gennaro 1501 per gli atti | del fù Ser Gregorio Grossi not(aio) di Ravenna || » (cfr. Allegato, cc. 1r-1v).
c. 1r c. 1v
Jtem iure legati reliquit et pro anima ipsius tes|tatricis, et Ser Cavalerij p(er)ito S. Monti Pietatis | Ravennae eius domum totam posita in guaita | S. Teodori in strata Justiniana iuxta ipsam | stratam Justinianam ab uno latere, ab uno la|tere heredes Ser Petri Pauli de Mainardis, et Julianum frascerios, vel alios veriores, et plures | confines; quam domum voluit, et reliquit esse | ad usum dicti S. Montis, et ut in ea semper sit, | et debeat exerceri offitium, et sit pro habi|tatione, et omni alio usu spectante ad ipsum | S. Montem. Et neque possit vendi, neque alie|nari aliter quoquomodo. Et hoc legatum vo|luit preferri caeteris suis legatis quibuscum|que, et dispositionibus ita quod non possit impe|diri defectu hereditatis, vel alio quoquomodo, | etiamsi in eius hereditate non essent tot | bona, quod possint satisfieri aliis eius le|gati circa potius caetera legata non habere locum qui impediri possit S. Monti lega|tum quoquomodo, causa, et ocasione... ||
Il regesto è seguito dalla seguente glossa: «Dal sopradeto legato proviene la casa | dove si esercita il ministero del Monte | senz’obbligo alcuno ||».
In sostanza la particola del documento è stralciata da un elenco di disposizioni testamentarie: il legato inizia infatti con la formula tipica di questi atti, item, con il significato di ancora, del cui tenore giuridico presento qui un regesto in italiano.
Ancora, secondo il diritto legatario e per la salvezza della propria anima, la testatrice lascia in eredità al Sacro Monte di Pietà di Ravenna l’intera proprietà dell’immobile. L’abitazione è posta nella guaita di San Teodoro in via Giustiniana e confina da un lato con via Giustiniana e dall’altro con gli immobili di proprietà degli eredi di ser Pietro Paolo Mainardi e con quelli di certo Giuliano frascerio. La testatrice stabilisce di lasciare la casa ad uso del Monte di Pietà di Ravenna affinché in essa eserciti e sia esercitato semper le attività dell’istituto. La testatrice stabilisce che tale abitazione sia usufruita come residenza o con qualsiasi altro uso spetti al Monte di Pietà di Ravenna. Inoltre la testatrice stabilisce che tale casa non possa essere venduta o alienata in nessuna maniera. Infine la testatrice stabilisce che nel caso in cui per una qualche ragione di qualsiasi natura essa sia non possano essere soddisfatti i legati elencati nel testamento, non si possa in alcun modo non soddisfare il legato che concede al Monte di Pietà di Ravenna il passaggio in eredità della casa di proprietà della medesima.
7. Un primo sondaggio: confronto tra alcune fondazioni private di Monti di Pietà emiliano-romagnoli
Prendendo ora in considerazione alcuni Monti di Pietà nella zona emiliano romagnola si deve ammettere che diverse fondazioni furono favorite da donazioni di privati, che costituirono il nucleo insediativo originario dei Monti di Pietà cittadini. Accanto a sedi che ancora oggi mantengono un legame con l’evoluzione storica dei Monti di Pietà del tutto analoga a quanto accaduto per il Monte di Pietà di Ravenna, vi sono casi diversi che dimostrano come talvolta le antiche sedi dei Monti di Pietà furono abbandonate per nuove sedi più prestigiose o per crisi finanziarie. Qui di seguito faccio seguire un elenco snello dei Monti di Pietà originati da donazioni private.
La sede del Monte di Pietà di Guastalla fu il risultato del lascito testamentario di Gasparo Corvalli del 3 maggio 1552, ma nel 1657 fu presa la decisione di costruire la nuova sede dell’istituto in una zona diversa della città.
Anche a Correggio fu in seguito ad un lascito testamentario che si stabilì la prima sede del Monte di Pietà, oggi non più rintracciabile.
Fu un lascito testamentario degli eredi del nobile Giovanni Mulazzani di Piacenza all’origine della prima sede del Monte di Pietà di Piacenza nel 1519, oggi tale edificio ospita la Loggia dei Mercanti, ma per mezzo secolo fu la prima sede del Monte di Pietà di Piacenza. A partire dal 1528 fu il lascito testamentario del nobile Tommaso Fontana a dare inizio alla nuova sede del Monte di Pietà di Piacenza.
A Mirandola fu la contessa Fulvia da Correggio, contessa della Mirandola e vedova del conte Ludovico II Pico a lasciare, il 5 ottobre 1590, con un legato testamentario il denaro necessario per compiere la fabbriceria del Monte di Pietà.
A Ferrara ancora la sede del Monte di Pietà fu costruira grazie al lascito testamentario del nobile Teodosio Brugia nel 1517, che destinava all’istituzione caritatevole la propria abitazione, vincolandola allo svolgimento delle attività assistenziali a favore dei poveri di Ferrara. Anche questa sede, come quella di Ravenna, fu ampliata in seguito all’acquisto di nuovi stabili e a lavori di adattamento architettonico nel corso del Settecento. Lo stabile così ampliato fu sede del Monte di Pietà sino al 1760 circa, quando fu fondata una nuova sede nella quale fu traslata la vecchia facciata architettonica.
A Imola fu il capitano di ventura Taddeo Della Volpe a donare nel 1518 il palazzo dove ebbe sede il Monte di Pietà di Carpi sino al 1820, quando la sede del Monte di Pietà fu traslata da monsignor Rusconi nel convento del Carmine e la palazzina divenne poi sede dell’istituto delle Ancelle del Sacro Cuore.
8. Le donazioni al Monte di Pietà di Ravenna: primi assaggi documentari
Nel 1784 fu elaborato un registro che prevedeva tra l’altro la registrazione delle «Case pervenute al | Santo Monte di Pietà di Ravenna | in forza di varie pie testamentarie | disposizioni, come dal Protocollo segnato lett(er)a C n° J», comprendente oltre alla sede del Monte di Pietà quale eredità della signora fu signora Agnesina Aldrovandini, altre abitazioni donate con le medesime condizioni come quella proveniente dall’Eredità di Giovanni Francesco Peniti, donata al Monte di Pietà di Ravenna nel 1560, con una formula analoga a quella impiegata nel testamento Aldrovandini (cfr Allegato, c. 5v): si tratta di una casa posta nella Parrocchia di Santa Maria Maddalena da San Francesco, confinante con la via pubblica, le proprietà degli eredi del signore Raspone Rasponi, del Convento di San Francesco e del signore Niccolò Sette Castelli, ma la casa pare fosse stata venduta il 18 giugno 1779 a Lucia Miserocchi e suo marito Battista Ribatti. Medesima sorte tocco alla casa proveniente dall’eredità della fu signora Chiara Cusinelli Aspini consistente in una casa lasciata in eredità con le medesime clausole nel 1587 (Allegato, c. 6v), posta nella guaita di Santa Agata Maggiore confinante per due lati con la strada pubblica e con le proprietà del signore Battista Onestini, del signore Girolamo, casa venduta il 9 marzo 1744 al signor Giuseppe Pinza e alla di lui signora Giovanna Pantaluffi.